domenica 11 febbraio 2018

Un giallo metropolitano tra conflitti sociali e incomunicabilità

Alcune settimane fa ho avuto di modo di rileggere un romanzo dello scrittore Raffaele Crovi cui mi ero già dedicato circa venti anni prima, intitolato "L'indagine di Via Rapallo". Un giallo, quindi, finalista al Premio Strega nell'edizione del 1997, la cui rilettura, oltre a riportarmi indietro nel tempo all'estate dopo la maturità, mi ha svelato e fatto riscoprire nuovi aspetti.
L'indagine si concentra essenzialmente intorno alla morte di uno scrittore, Orio Zaniboni, in apparenza caduto accidentalmente da un balcone. A valutare se si sia trattato di un incidente o di un omicidio viene inviato il vice ispettore Gino Pompei, che si finge cugino del defunto, incaricato di effettuare un inventario dei beni che dovranno formare oggetto di una eredità dello scrittore in favore di un'università.


Pompei, esperto di idraulica, approfitta di tali doti per girare tra gli appartamenti degli otto piani del condominio di Via Rapallo in cui il presunto incidente (o omicidio) è avvenuto. E tra un rubinetto che perde, tubature da riparare e termosifoni che scaldano poco, cerca di scoprire nuovi elementi chiacchierando con gli abitanti di quel palazzo, tra cui spiccano diversi personaggi ambigui e bizzarri.
L'indagine mette in luce una realtà piena di conflitti sociali e di disagio, con condomini che dialogano poco tra di loro e non conoscono quasi nulla l'uno degli altri, vivendo realtà parallele che difficilmente sembrano intersecarsi, se non quando si tratta di lasciarsi andare a ripicche e rivalse.
Tutto ciò accade in una metropoli, Milano, in cui "la solitudine, la mancanza di dialogo familiare e comunitario, genera in molti il cancro della depressione, che suggerisce il corteggiamento della morte".
Il vice ispettore, nel suo peregrinare tra un appartamento e l'altro, incontra, quindi, molteplici personaggi che sembrano abitare pianeti distanti: gli Allegretti, padre e figlio, ladri gentiluomini e forse più sinceri di tanti finti perbenisti; il giovane Felice, ben presto orfano di entrambi i genitori e privo di altri legami di parentela (la nonna, unica familiare, è morta da poco), preso dai suoi studi e avvolto da un alone di mistero assieme alla sua amica Alice; la portinaia Sonia, che sfrutta il sesso e le gravidanze come strategia di sopravvivenza, per sfuggire a una condanna a seguito dell'omicidio del marito; l'infido amministratore.


"In un palazzo urbano non c'è dialogo: c'è l'incontro casuale per le scale o in ascensore che può diventare scontro di avare parole; non ci sono discorsi, ci sono silenzi, invettive o delazioni". E gli inquilini si svelano anche nel loro rapporto con il defunto, quello scrittore impiccione che amava indagare e intromettersi nelle vite altrui, per rinvenire materiale narrativo per un nuovo romanzo sui conflitti urbani oppure, come molti sostengono, con un intento moralizzatore.
L'autore adotta uno stile assai sobrio, quasi cronachistico, e a tratti ironico, nel suo mostrare i resoconti degli incontri quotidiani del vice ispettore. E non manca, forse, qualche stereotipo nella costruzione di alcuni personaggi e di talune vicende.
In particolare, nel romanzo viene introdotta la figura del professore trentenne, Sergio Conti, che rivela di essere omosessuale e viene descritto, secondo un canone di frequente utilizzato in narrativa, come impeccabile amante dell'ordine, un uomo solo, infelice, inquieto, pieno di sensi di colpa, soprattutto dopo il suicidio dei genitori. E per il suo "atteggiamento eccessivamente morbido", uno stereotipo che risente di pregiudizi diffusi ancora oggi, il professore viene respinto dal giovane deejay, Luigi Neirotti, presso cui si era recato per farsi prestare alcuni dischi.
Il Neirotti, descritto come il classico deejay rinchiuso in un suo mondo di musiche, discoteche, luci colorate, riceve, come gli altri, la visita del vice ispettore che, in qualche modo, si convince che il ragazzo sia omosessuale, salvo poi ricredersi (il Neirotti ha un flirt con un'altra ragazza che abita nel palazzo) e toglierlo dalla "lista degli ambigui e, quindi, dei sospettabili". E, a questo punto, non si può fare a meno di chiedersi perchè mai, secondo l'autore, un omosessuale, in quanto tale, debba essere automaticamente incluso nella lista dei sospettati per un omicidio.
Il finale, in ogni caso, non presenta particolari soprese o colpi di scena nella scoperta del colpevole, per cui il romanzo, più che come giallo, è interessante in quanto propone, pur con i limiti sopra evidenziati, un'analisi sociologica con un'indagine dei conflitti e delle ambiguità che caratterizzano quei numerosi microcosmi quotidiani tra loro non comunicanti che si collocano nella realtà metropolitana.



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